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La nascita e il mio inizio nel mondo

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AUTOBIOGRAFIA ASTROLOGICA: Il sentiero di Anna

  


La nascita e il mio inizio nel mondo

Credo di non essere nata in un ospedale di Milano, ma sulla Luna.

Su quella candida distesa di terra ricoperta di nulla. E’ stato lì che ho aperto gli occhi, e nell’immensa solitudine senza gravità, sono nata. Mia madre non doveva essere molto presente nell’ultimo mese di gravidanza; suo padre era morto improvvisamente in un incidente stradale, e quella morte aleggiava dentro la sua pelle e il suo respiro, tanto che smise di nutrirmi. In quell’ultimo mio periodo dentro la sua pancia qualcosa di quel delicato meccanismo miracoloso che fa’ sentire la madre e il bambino in perfetta simbiosi ed armonia l’uno nel corpo dell’altro si ruppe.

Dalla placenta smise di passare il nutrimento; come se la morte intorno a lei, suo malgrado si fosse impossessata anche di me.

Senza forze e senza nessuna voglia di essere viva mi dimenticai di voler nascere, è lì nel buio che credetti di dover rimanere, per poi scomparire piano piano . Non me lo permisero e il 30 aprile 1975, i medici con un decisivo taglio cesareo mi costrinsero ad uscire. Un piccolo feto di un chilo e duecento, che stranamente respirava ed era vivo!!! Mi rinchiusero in incubatrice per due mesi, e quella fu’ mia madre. La mia nuova madre. Mi nutrì, mi scaldò, ed è lì che ebbi il mio primo approccio con il mondo fuori, la mia Luna, la mia terra di nessuno,come un dolce campo di stelle, ed io, gravitante e sola nel sistema solare.

Il calore di una madre vera lo continuai a cercare sempre anche quando tornai da mia madre naturale, e poi per tutta la vita. Ormai, uscita dall’incubatrice-madre, mi ero abituata a bere latte artificiale e a non essere toccata se non da piccoli aghi su tutto il corpo che mi nutrivano 24 ore al giorno, non tollerai per settimane il contatto delle sue mani . Non tollerai nessuno tipo di latte e nessun biberon per un bel po’ma forse stavo solo facendo un altro tentativo di suicidio, perché la vita mi sembrava faticosa, triste e fredda come un ghiacciaio polare.

Chissà, magari tutta questa sensazione risale al fatto non casuale che il mio concepimento è avvenuto in modo sicuramente romantico e suggestivo sulla vetta del monte Resegone.

I miei genitori, avevano questa strana forma di fanatismo per i paesaggi naturali, per le sfide al limite della sopravvivenza, era lì che testavano la forza del loro amore, e del loro unico ed ineguagliabile sentimento divino per i fiori, i mari, i cieli, e i prati, stare fermi per loro eguagliava ad una sconfitta, e questo eterno moto centrifugo me lo porto ancora dentro a volte quando sfreccio in bicicletta e cerco di afferrare il cielo. Nonostante tutto oltre che della Luna, sono anche figlia loro.

Oltre che della mia piccola stella dove ho imparato a rifugiarmi fin da bambina, sono anche fatta del sangue di mia madre, una donna veneziana, cresciuta nella provincia veneta quando nel mondo iniziavano a lottare per la liberazione sessuale. Ora provo tenerezza per lei, ed anche se i miei primi anni di vita ricordo il suo volto triste come una Pierrot struccata credo che un giorno scriverò un libro su di lei, perché merita pagine e pagine per essere colta e compresa appieno.

Lei nei miei primi anni di vita camminava nella Milano del centro, abitavamo vicino al Parco delle Basiliche, camminava molto, per guardare la città, forse era troppo grande per lei, che veniva dalla piccola Padova, e poi lì, che ci faceva alla fine? Non aveva amici, non aveva nessuno, aveva solo suo marito,e cioè mio padre. E poi la scuola dove insegnava era lontana, ci metteva quasi un’ora a raggiungerla, inoltre tutta la passione iniziale con suo marito, tutto quel periodo scintillante a New York quando erano fidanzati e dovevano addirittura andare a vivere lì, dov’era finito? Perché poi l’avevano trasferito a Milano e soprattutto perchè lei l’aveva seguito? Questo pensava mentre camminava.

Ed io intanto le stavo accanto, attaccata alla sua mano, cercavo il suo sguardo ma non lo trovavo mai.

Quando era di buon umore, per me era come una festa. Se eravamo in casa lei dipingeva, tirava fuori tutti i colori, li spargeva sul tavolo, dava anche a me un foglio e mi spiegava come fare. Ho iniziato a dipingere verso i tre anni, era una cosa che mi riempiva di gioia, uno dei giochi più belli, e poi era per me l’unico modo per essere vicino a lei e sentirmi dire, “Ma che bello questo dipinto, è più bello del mio, sei bravissima!”.

Poi tornava quella di sempre, con quel velo negli occhi che nessuno riusciva a togliergliele, con quel manto trasparente che io non riuscivo ad abbattere, con quegli scoppi improvvisi di euforia in cui mi vedeva, mi vedeva davvero, e poi un secondo dopo ancora il buio, il silenzio, la sua pittura solitaria che la portava via da me, il suo sguardo verso un infinito che mi sembrava sempre troppo lontano per poter essere raggiunto.

Cominciai a guardare il mondo con i suoi occhi. Non importava se i miei cercavano altro, se io ero felice o triste, importava solo essere sintonizzata sulla sua frequenza. Le variazioni del suo umore, erano le variazioni del mio, i suoi slanci, i suoi tormenti, i suoi disegni, tutto era mio. Solo così mi sentivo tutt’uno con lei. Solo così entravo per brevi attimi nella giusta onda del suo mondo. Tutto il gioco stava nell’assorbire, come una spugna dai pori super giganti io trattenevo il più possibile perturbazioni, sguardi, movimenti, come un fantasma o come un angelo, io aleggiavo su di lei, proteggendola.

Non sapevo cosa fossero i miei desideri, e se ne avessi. Non avevo il tempo di chiedermelo; vivevo nella paura costante, di essere dimenticata per strada, di essere rapita, ed anche di stare sola. Paura immotivata, perché io ero già una bambina sola.

Non c’erano fratelli o sorelle in arrivo, mio padre lo ricordo appena, tornava la sera, e mia madre, era lei, l’unico universo verso cui io continuavo a gravitare, come una magnifica seduzione. La prima grande seduzione, la più irraggiungibile, l’amore più grande, il distacco più crudele, quello emotivo, quello dell’oceano, quello dell’impossibilità di arrivare lì, perché? Perché non ero brava? Perchè non meritavo amore? Mi plasmai a lei come cera, e come cera informe senza alcuna identità ci rimasi per anni.

Iniziai l’asilo. Improvvisamente ci furono accanto a me bambini, bambini veri. Non avevo mai interagito col mondo esterno e quel primo giorno lo ricordo come un trauma abbandonino dei più forti. Ormai fusa e confusa con mia madre, ne ero diventata completamente dipendente, tutto ciò che era al di fuori di lei era pericolo, il mondo era freddo, cattivo e pericoloso, questo era stato il mio primo imprinting e questo era rimasto. Nessuna fiducia , nessuna spada e scudo mi erano stati forniti, ero sempre e solo io, che gravitavo nelle sfere ed orbite parallele della Luna, con i suoi colori dorati, grigi, spaventosi, e sublimi, ma mai concreti nè mai logici.

La logica e la realtà, se qualcuno me l’avesse insegnata, avrei capito che quando esiste una causa e poi un effetto, ed avrei imparato a controllare un po’ di più la realtà, avrei imparato a non averne paura e a capirla. Per me invece non c’era nessuna causa e non c’era effetto: il mondo era mia madre, e l’umore di mia madre cambiava senza causa e senza effetto collegato, troppe volte per poter essere previsto o controllato. Io quindi solo una cosa avevo sapevo fare, e questa tutta la vita mi è rimasta, ed è sintonizzarmi, sentire, percepire. Avevo delle antenne sopra la testa,come quelle di un piccolo marziano, sviluppatissime, che percepivano addirittura ciò di cui mia madre nemmeno era cosciente mentre fingeva di essere felice. Mentre fingeva e mi guardava con un sorriso spento. Non poteva mentire alle mie super antenne che erano rapide come un temporale estivo e come un fulmine di notte nel deserto.

Questa solo sapevo fare, e non credevo alle parole, non ci credo tutt’ora. Mai. Così quando il primo giorno di asilo mi hanno detto, “Tua madre viene a prenderti dopo, non piangere”, io non ho capito il significato di quelle parole, ho solo pianto e pianto, e pianto ancora come se mia madre uscendo da quella porta se ne fosse andata per sempre.

All’asilo sperimentavo tutto il potere che io avevo fino a quel momento subito. Mi cercavo rapporti sado-masochistici in cui vittima e carnefice si alternavano continuamente. C’era Sofia che era la cattiva, da lei mi facevo fare dispetti e tiranneggiamenti di ogni sorta, e poi c’era Alessia, che era la buona, con cui mi coalizzavo contro Sofia, ma poi tutto questo schema cambiava , poteva essere che ero io che ero la cattiva e davo ordini e trattavo male Sofia o Alessia, o entrambe.

Erano legami forti, in cui tutto era amore o era odio, nessuna sfumatura, nessun dolce bianco e nero. Da Alessia dormivo molto spesso, per me lei rappresentava la famiglia felice; i genitori sembravano quelli della pubblicità del Mulino Bianco, il padre aveva i capelli biondi e lunghi e suonava la chitarra,c’era un fratellino appena nato ed una casa all’ultimo piano in cui rifugiarmi dal mondo. Cercavo un rifugio, sempre, e quando non mi rifugiavo in mia madre, mi rifugiavo in un’amica, che rappresentava per me tutto sempre, come mia madre. La paura non mi lasciava mai.

Anna Elisa Albanese 

Ho riportato alcuni tratti di autobiografia personale che possono essere letti come sincronicità simboliche e tra alcuni elementi molto chiari nel mio Tema di Nascita.

Se noi intendiamo l’ascendente come NASCITA, e la LUNA come primo contenimento materno, qui possiamo trovare delle assonanze con le simbologie di una nascita che ha subito contattato una sospensione- morte (Nettuno e Scorpione), e in seguito una LUNA- madre, poco contenitiva e rassicurante (Luna in capricorno). La luna poi in aspetto a Plutone e Saturno ha riportato vissuti spessodi paura ( Plutone) e distanza ( Saturno).

Tutti questi aspetti del Tema Natale, andranno poi ricontattati e sciolti nel corso dell’esistenza, affinchè non rimangano prigioni in cui continuare a ripassare alla ricerca del senso e riprovando la stessa prima ferita da cui si è cercati di scappare.

appunti astrologici in libertà sul mio tema natale:

Sole in Toro, Ascendente Scorpione, Nettuno in 1 casa.
Luna in Capricorno in casa II, opposta a Saturno in Cancro casa VIII, quadrata a Plutone in Bilancia in casa XII e quadrata a Giove in Ariete casa V, trigono a Sole in Toro.Sestile a Marte in Pesci.

 Nettuno in 1 casa, assenza di confini concreti. Mancanza di contenimento. Assenza iniziale.

Ascendente Scorpione, morte- rinascita appartenenti al regno di Plutone _ Plutone quadrato alla mia Luna

Luna in capricorno– Simbologia di Saturno: freddezza- distanza- carenza di calore.

Saturno in 8 casa – Casa 8 è spesso anche associata alle case pre- natali, e questa è quella del concepimento. Associata anche tutta la fase perdita – svezzamento – paura della separazione.

Genitori entrambi segno dell’Ariete con dominanti Aria- fuoco. Gusto per l’avventura e la sfida (Marte- Ariete)

Luna in Capricorno quadrata a Plutone: spesso gli aspetti di Plutone sulla Luna si ritrovano casi di depressione nella madre – parte oscura – depressione – Plutone.

Nettuno in 1 casa dimentica i bisogni suoi per paura, e si SINTONIZZA totalmente sul fuori di sé. Sui bisogni altrui. Ci vorrà molto tempo perchè ci si possa riappriopriare del proprio “sentire” e dei proprio bisogni.

Luna in Capricorno solitudine e maturità precoce. Asse casa 2 e casa 8 , asse delle sicurezze e della paura dell’abbandono. Luna che almeno nella prima parte della vita sarà rigida con se stessa temendo le proprie emozioni e la vulnerabilità. Luna che avrà imparato la parola autonomia da subito, ma che dovrà imparare crescendo la morbidezza, il saper chiedere e il poter essere di nuovo vulnerabile senza spezzarsi.

Anna Elisa Albanese

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4 risposte

    1. Si è vero… magari anche tu nella pancia ne hai risentito in qualche modo o chissà. Non abbiamo conosciuto il nonno tutte e due . un abbraccio Valentina

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