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SE L’ALTRO NON “REGGE” LE NOSTRE EMOZIONI

 

Diario Astrologico

 

Non sa reggere le mie emozioni – Quando sto male e ho bisogno si allontana – Diviene più freddo quando avrei più bisogno di conforto – Mi capita spesso di sentire queste frasi nelle relazioni d’amore, ed io per prima ho provato questi sentimenti: il rifiuto di una parte di me stessa da parte dell’altro.
L’altro sembra amarci di più quando stiamo bene, quando siamo al meglio delle nostre qualità, quando siamo “amabili”, quando tiriamo fuori i nostri sentimenti irrazionali di debolezza, frustrazione, rabbia o semplicemente umana insofferenza, lui/lei non sostiene il nostro carico e si allontana, o ci critica. Come mai?

Questa è una tematica molto comune, per molti è scontata, molti nemmeno l’avvertono in modo palpabile e per altri è fonte di grande sofferenza e proprio per questo, di ricerca di risposte e risoluzione. L’intimità del sentirsi accolti, amati e sostenuti anche quando siamo “emotivamente impresentabili” e la capacità di sostenere l’essere visti in questo stato, è qualcosa che giunge da molto lontano nel tempo e dalla prima figura di riferimento: la madre. Avere relazioni che ci tengono protetti attraverso la lontananza o impossibilità di vedersi, sono la prima difesa attivata da noi stessi proprio per non giungere a questo stato di completa vicinanza a un’altra anima. Seppur aneliamo in maniera assoluta a questo delicato crinale. Saperci mostrare all’altro quando siamo deboli, è un atto di grande coraggio, accettarne la non completa accoglienza, fa parte di una delle più grandi prove che ci mette di fronte la vita affettiva. La vera intimità non passa dai colori accesi della passione, ma dal saper sostare negli stati di grigio e medio colore senza scappare.

Nei primissimi anni di vita quando siamo bambini e inermi, noi siamo in contatto continuo con quelle emozioni “disdicevoli”, scomposte e fuori controllo, che nella nostra vita di adulti, emergono solo a momenti. Siamo completamente nel bisogno e la madre è colei che deve rispondere ai nostri bisogni totali di sopravvivenza. Ho visto e riscontrato che il primo nodo di ferita arriva da lì: se per prima la mamma temeva il nostro dolore, o non ha saputo placare i nostri sentimenti fuori controllo, noi l’abbiamo avvertito, e nemmeno noi stessi, saremo in grado di accettarli quando emergeranno nuovamente. Ancora cercheremo di essere accolti da grandi da qualcuno che lo faccia al posto nostro.

Mi spiego meglio, e premetto che tutto questo non c’entra con il fatto che nostra madre ci abbia amato o non amato: lei ci amato nella maniera in cui ha potuto amarci. Il suo massimo in quel momento. Il pianto del bambino che chiede ascolto e non sa dire il suo bisogno, la vulnerabilità che esso mostra, può attivare grandissime paure ataviche e sepolte, senso di impotenza, di non essere una buona madre, rifiuto, e chi è madre lo sa bene.
Il pianto è muto.
Non ha parole per esprimere concetti e arriva come tuono di richiesta irrazionale e spaventosa da parte del neonato. Questo può andare a toccare zone già fragili e emotivamente vulnerabili nella mamma che accudisce, che a sua volta, nella sua infanzia, ha dovuto tacere quel pianto, il discorso si riperpetua. La Luna a livello astrologico nel nostro Tema Natale, misura e mostra come abbiamo vissuto questo primo contenimento emotivo, e come noi da grandi ci prendiamo cura di noi facendoci da madre. Le configurazioni Luna – Saturno, ci parlano di indipendenza, autonomia (Saturno), in conflitto con bisogno, raccoglimento, accoglienza (Luna). Se questi due aspetti sono stati vissuti in maniera disarmonica, noi potremo avvertire per molto tempo una sensazione di privazione e rifiuto per quanto riguarda il nostro bisogno di essere sostenuti.

Quando siamo molto piccoli, sentiamo subito, se quella nostra disperazione, crea ancora più ansia in chi ci protegge, e nel caso affermativo, la soffochiamo molto velocemente. Diventiamo subito bravi. Scordiamo quei sentimenti viscerali che reputiamo minacciosi, pericolosi, e brutti. Ce ne dimentichiamo e da grandi, ci scordiamo di aver dovuto essere “bravi bambini che non fanno i capricci” per non ferire ed è così, che nella relazione di coppia, in cui ancora siamo in uno stato di grande intimità, riaffiora quel mondo lontano.

 

Se l’altro non sa “reggere” il nostro pianto, è perchè stiamo ancora cercando di essere placati come allora.

 

E’ doloroso sentirsi ancora completamente persi e vulenerabili, e sentire che in quel momento siamo completamente soli come allora. Anche se la memoria cosciente non può ricordarlo, ma questo stato di altissima vulnerabilità in cui abbiamo modo di riaprire la ferita, è il vero passaggio di cura verso noi stessi, di amore e compassione totale verso quel piccolo bambino e bambina che siamo stati e accettarci senza chiedere all’altro di essere capiti.
E’ finalmente il momento di non soffocare come allora il nostro pianto, ma nemmeno pretendere come allora, che qualcuno lo prenda su di sé e lo plachi.
Saremo noi a doverci amare tutti interi adesso. Ovviamente con questo non voglio dire che la persona che abbiamo accanto non debba capirci e sostenerci, ma la differenze è che può a volte non riuscire a farlo, perché spesso non è in grado di farlo nemmeno con se stesso.

Se per primi sapremo sostare in questo spazio di immenso dolore e amore, accadrà il miracolo. Amandoci per intero anche l’altro potrà farlo. E si potrà arrivare a una vera relazione di scambio, in cui ognuno può essere vicino all’altro senza temere il suo dolore.

Inoltre se noi per primi, impareremo a tollerare i nostri stati emotivi, potremo insegnarlo all’altro che rifiuta noi e il nostro malessere, proprio come rifiuta sè stesso quando sta male e non si piace.
Noi possiamo amare l’altro nella misura in cui sappiamo prenderci cura di noi. Non è colpa né sua, né nostra, se si crea questa dinamica, basta uno dei due a sanarla, e l’altro lo potrà seguire.

 

Anna Elisa Albanese

 

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Immagine: disegno di Henn Kim

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3 risposte

  1. bellissimo. complimeti come al solito. ma non essere accolti può anche – realisticamente – essere anche un segnale del non amore dell’altro, che a mio parere andrebbe preso in considerazione. quello che dici è tutta luce. e l’ombra? non ti sembra che sia pericoloso soprattutto per noi donne non considerare l’insieme, l’intero? io ho appena lasciato chi non mi è stato accanto durante un lutto. era la punta dell’iceberg. a volte ci si rifiuta di vedere. al di là ci può, sì, essere un bambino a sua volta ferito e non accolto. ma anche uno che non ci ama. buon lavoro e grazie ancora per tutto quello che fai

    1. Cara Maria, concordo pienamente con te. Qui chiaramente ho solo parlato di dinamiche psicologiche ad ampio spettro. Poi quando si parla di amore e di casi specifici, ovviamente il discorso diventa delicato e complesso. Nel tuo lutto, e mi dispiace tantissimo, hai potuto constatare un’incapacità di starti davvero accanto con l’amore, e spesso purtroppo capita che nei momenti più dolorosi della nostra vita, facciamo delle grosse revisioni dei nostri rapporti più intimi. io ti auguro ogni bene, e grazie a te per il tuo leggermi. con affetto, Anna Elisa

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