Allora ho imparato da questa fatica immane di ascoltare tutte le medaglie, la fatica disumana di accollarmi le loro sofferenze e i loro irrisolti, che non è giusto. Che non si deve fare. Che ai figli non si deve chiedere questo. Che la solitudine è una cosa triste quando si invecchia lo capisco, ma la cosa più triste è farla pesare continuamente a chi non può fare molto. A farlo pesare allora e a farlo pesare oggi perché le cose non solo non sono mutate, ma si sono incancrenite e peggiorate. Perché non sono io che ho lasciato, non sono io che ho tradito, non sono io che ho scelto. Io sono venuta dopo e nella legge universale dell’amore, non sono io che devo tenere insieme i pezzi del loro cuore che si è spezzato mio malgrado.Ho imparato che c’è un giorno in cui ti alzi e lasci andare anche la colpa. La colpa di non aver potuto fare nulla se non assistere a tanta infelicità perpetuata.
Non ho figli e non so se questo è avvenuto perché è come se li avessi sempre avuti, perché non sono stata mai libera di sentirmi felice altrimenti avrei fatto un torto a chi soffriva. A loro, i miei genitori bambini a cui ho prestato orecchio per i loro racconti, a loro che tiravano ognuno dalla loro parte perché mi schierassi. A loro, che ognuno diceva, “mica voglio pressarti con la mia situazione”, ma già lo aveva fatto.So che non essendo madre non posso capire davvero la fatica e l’amore di essere madre e spesso mi sento dire dalle altre donne “fortunata tu che non devi portare i bambini a scuola e crescerli .. fortunata tu che non sai cosa vuol dire.. ecc” , ma io mostrerei loro che ognuno ha la sua porzione d’amore da dare e da portare sul petto e io la porto in altra maniera. Che nessuno dovrebbe giudicare nessuno, come io non vado da chi ha figli a chiedergli perché li ha fatti.
I miei figli forse sono altri, le persone più giovani di me che ascolto nei consulti, gli occhi del mondo che vedo riflessi nelle ricerche dell’anima di tutte le persone che incontro, le sofferenze della mia famiglia rimaste irrisolte come un girone dell’inferno che si avvita su se stesso senza mutare mai e che ritorna sempre al centro: da me. Chissà perché qualcuno ha pensato fin da sempre che io fossi in grado di capire? O di sopportare. La mia anima si vede che sa cos’è che ancora devo scoprire. Certe volte il peso è come un ombra sul mio volto .. altre volte si stempera come nuvola leggera e sono grata solo che mi abbiano dato la vita.
In questo mese delle eclissi mi darò ancora un’altra possibilità di sciogliere le antiche maglie del passato per poter fluire nel mio presente.
Anna Elisa Albanese
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