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immagine: Tristano and Isotta di Rogelio de Egusquiza, 1910

 

Il Sentiero di Anna.

I trent’anni e i periodi dell’estremismo amoroso. Venere in aspetto a Nettuno.

 Cosa vuol dire essere vicini?

Che cos’è la vicinanza tra due persone? Fino a che punto si può arrivare vicino ad un altro essere umano senza confondersi, senza essere invasi,o invadere l’altrui spazio, terreno, cortina invisibile d’aria in cui tutto si mischia, e trascende ? Io non lo so.
Ma è accaduto quel giorno, non so se era perché c’era il vento, non so se era perché il tempo sfuggiva via rapido ed è proprio quando c’è il tempo a rincorrerti che tu lo senti vivo su tutto il corpo come una presenza, non so se è perché i tuoi occhi in quel momento erano proprio lì, fermi dove dovevano essere, vigili ed attenti , stupiti di quel secondo. E’ stato un secondo, o forse meno, basta un secondo a volte, e quel secondo c’è stato. L’hai sentito anche tu? Mi hai chiuso il laccio del casco e nelle nostre teste c’erano ancora le immagini di una mia estate antica; l’ho ricordata guardando il tuo volto, so che capivi, so che hai capito, era come se ci fossi anche tu tra quegli aghi di pino, e nei bui falò in spiaggia.
Si può fare un viaggio nel tempo insieme? Si può lasciare la realtà corporea e planare come spiriti in altri mondi, tempi, dimensioni? Perché sento che è accaduto, perché in quel secondo ti ho sentito così vicino?
Cosa vuol dire essere vicini?
Che cosa servono le parole che ci escono dalla bocca se sono altro che astrazioni di concetti e di visioni più vaste; e perché non con tutti le parole hanno lo stesso significato? E possono due persone immaginare la stessa cosa, nello stesso momento? O è solo una fantasia, il delirio di una mente, la mia, in continua lotta tra la sfera terrena e quella spirituale della vita? Non lo so.
So che a volte le mie percezioni sono troppo vaste per rimanere compresse nel semplice discorrere tra esseri umani che mangiano, dormono, lavorano. C’è qualcos’altro, io credo, qualcosa di superiore e non scoperto razionalmente che si muove tra le sottili polveri invisibili delle materia e a molti sfugge, ma per quei pochi che sanno vibrare al suono incantato del suo divenire, per quei pochi che porgono l’orecchio attenti, la vita si trasforma in un’orchestra. E non è più il presente normale e grigio di cui si fa’ parte, ma è il regno del possibile e dell’infinito che si dischiude come un fiore.
Mi capita anche da sola a volte, di sentire di far parte di un tutto più grande che mi avvolge, mi capita con la natura, con una visione, con la luna dietro i palazzi di questa città , mentre piccola me ne torno a casa in motorino. Ma lì forse sto navigando su quella luna, o sto scalando l’Himalaya, perché il mondo è così piccolo qui, dentro corridoi di persone piccole, che vedono solo i muri che contengono i loro corpi, piccoli – dovrebbero invece alzare gli occhi al cielo, e vedere che l’universo è così grande, e che ci si può perdere ancora.
Fa’ paura l’idea di non perdersi più, ma le persone comuni hanno così paura di perdersi che per questo si costruiscono percorsi sicuri, strade senza uscita, orari e ritmi per non trovarsi mai soli.
Quanta tristezza non sapere saltare nel buio.
Cosa vuol dire essere vicini?
Credo voglia dire saper perdersi.
Saper perdersi per un attimo dentro il sogno di un altro essere umano. Quanta paura. Quanto incanto.
Non si muore però. Non si muore di questo.
Si muore ad avere una persona accanto che ti dà argini e sicurezza al tuo smarrirti nel mondo, ma che non vibra della tua stessa nota.
Si muore a rimanere fermi a guardare la vita che scorre, senza lasciarsi scorrere con lei.
I fiumi scorrono eternamente, il mare è costantemente in movimento con le sue onde.
Siamo solo noi esseri umani che ci costruiamo nidi e luoghi in cui arenarsi, perdendo di vista il fluttuare eterno del nostro animo.
Quando ascolto il mare e mi ci lascio trasportare accetto l’infinito dentro di me. Sono allora vicina a me stessa, a tutto il mio spirito, lo posso sentire palpitare insieme alle alghe , ai pesci, alle nuvole che ho sopra le testa, e tutto può avere un senso.

Ha un senso allora anche sentire il secondo impercettibile in cui tu accetti di perderti nel mio pensiero. Accetti di planare nella mia vita, perché ti ho aperto la porta del mio mondo interiore e questo è un dono e lo devi saper maneggiare con cura, perché solo io ho le chiavi della cosa più profonda che possiedo, la mia Anima.
Per me questo vuol dire essere vicini.
E quando questo accade non accetto scuse, non accetto paure, non voglio regole, perché quelle le impone la mente razionale. A decidere qui d’ora in poi saranno solo le correnti, a decidere sarà il vento, a decidere sarà il mare, e il mare , come sai , non può mai essere controllato. La natura è più forte dell’uomo.
E noi nel mare ci siamo ormai, e ti tocca imparare a nuotare in fretta, perché ci sei dentro fino al collo.
Questo vuol dire essere vicini.
Tutto il resto per me è niente.

 

Anna Elisa 
Lettera. 16/10/05 

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Immagine: Catherine Chauloux – Journal intime

 

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