KEITH HARING, 4 maggio 1958, TORO ascendente LEONE
L’atto della creazione è una sorta di rituale. Le origini dell’arte e dell’umanità giacciono nascoste in questa misteriosa creazione. La creatività umana riconferma e mistifica la potenza della “vita”.
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Un muro è fatto per essere disegnato, un sabato sera per far baldoria e la vita è fatta per essere celebrata.
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Il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare.. Dipingere è ancora sostanzialmente la stessa identica cosa che ai tempi della preistoria. Riunisce l’uomo e il mondo. Vive nella magia.
Keith Haring
Spesso si rischia di confondere con descrizioni riduttive e semplicistiche Saturno in V Casa come qualcosa di problematico nella sfera dell’autoespressione creativa, dell’identità e del saper mostrare se stessi. Andando un po’ più in fondo alla questione si può invece comprendere che il tema della creatività e del poter esprimere qualcosa che rifletta pienamente se stessi, è una tematica scottante, per chi ha questa posizione planetaria. Saturno ha senz’altro limitato, costretto e privato, almeno nell’infanzia e in una certa parte della vita, una certa naturalezza nel sentirsi degni di essere visti, riconosciuti e amati. Con il tempo però, con lo sforzo, la pazienza, la frustrazione necessaria e l’onestà richiestoci da Saturno, può dare grandissimi risultati duraturi e solidi. Il luogo – Casa, dove abbiamo Saturno nel Tema Natale, identifica una questione e un settore per noi importantissimo, a cui teniamo in maniera significativa, e proprio per questo l’energia al suo interno è densa, perché rimasta congelata, bloccata e trattenuta per molto tempo. E’ una sfera di vita che teniamo protetta, ci sentiamo inconsciamente più vulnerabili ed esposti e soggetti a formare strutture difensive rigide.
Keith Haring, Ascendente Leone, un Sole nel segno femminile del Toro proprio vicino al Medio Cielo (visibilità sociale, realizzazione), Saturno in Sagittario in V Casa. Unico figlio maschio di quattro, forse inizia fin da piccino a sentire la necessità forte di distinzione e riconoscimento, Giove e Nettuno in Casa III, ci segnalano un po’ di confusione nei ruoli, grande abbondanza ma anche una parte di sé sacrificata, che deve aver provato Keith bambino. Probabilmente dovuta anche “all’affollamento” andatosi a creare con la nascita delle sue sorelle, e la sua spiccata sensibilità nel percepire comunicazioni e messaggi che sono “al di là” della sfera ordinaria della vita (Nettuno).
Uno sfalsamento percettivo che si è ben presto trasformato in fonte creativa; Nettuno stimola fortemente Saturno e Plutone, aumentando la possibilità di espandere e sfondare i limiti, sia della propria identità (Casa I) sia di quello che diventerà la sua identità creativo – immaginativa (Casa V). Inoltre Nettuno è congiunto al Nodo Lunare in Scorpione e a Giove in Bilancia oltre ad essere governatore del segno dei Pesci, di cui Keith ha sia Marte che Venere: a pieno titolo dunque l’anima d’artista mutevole, sfuggente, con sessualità promiscua, di grande ricerca grazie ai viaggi sia fisici che psichedelici, sensibilità e ricettività in continuo divenire, la sua capacità di essere nel flusso creativo, sono doti tutte di stampo Nettuniano.
Il segno del Toro, realizzazione del suo cammino solare in Casa X, è rintracciabile nella sua capacità e amore per il “fare”, le mani in pasta, le ore passate tra le sue creazioni fisiche e materiche e la resistenza nel coltivare la sua passione fin da ragazzino quando si appassionò a fumetti e cartoni animati. Un Toro colorato dai cambi repentini e genialità Uraniana, la quadratura Sole in Toro in Casa X con un Urano in Leone in Casa XII, ha portato Keith ad avere continue svolte, a lasciare velocemente il tetto di casa per i suoi viaggi di scoperta del mondo in autostop, ad abbandonare convenzioni sociale e scuole e iniziare ad “imbrattare” muri – timbro tipico del ribelle Uraniano, oltre al coltivare ambienti più dei eccentrici e innovativi della scena artistica di quelli anni.
Ci troviamo di fronte ad una grandissima capacità di farsi portavoce di un patrimonio collettivo immaginale, stratificato nelle Ere e nei simboli; basti pensare alla sua enorme ricerca stilistica, che è riuscita a sintetizzare culture ed epoche, ponendo l’uomo al centro delle danze, nel reticolato delle lingue e delle culture, abbattendo confini interculturali e riunendo impegno politico.
Abbiamo due bei trigoni nel suo Tema, uno totalmente nell’elemento Fuoco formato da Plutone – Saturno – Mercurio – creatività e propulsione incessante e continua, coraggio e apertura mentale nello sfondare tabù ed essere iniziatore e l’altro tra Venere – Luna (acqua) e Urano (fuoco) – rigenerazione emozionale, femminile ricettivo che può ricaricarsi oltre che nella scelta amorosa e sessuale, negli innamoramenti intesi anche come viaggi dentro se stesso, scoperta di sé, forza generatrice che si manifesta nell’essere sia grembo – nido – madre – artista (Casa IV), che mondo infero e sublime (Casa VIII), fino ad arrivare al portare il nuovo messaggio nel collettivo, canale e medium linguaggio archetipo proveniente dall’eredità culturale dell’umanità (Casa XII).
Anna Elisa Albanese
Biografia:
Primo e unico maschio dei quattro figli di Allen e Joan, mostra una precoce predilezione per il disegno incoraggiata dal padre, disegnatore di fumetti e cartoni animati. Furono proprio i personaggi dei fumetti come quelli di Walt Disney, di Dr. Seuss e altri eroi delle animazioni televisive a esercitare su di lui un’influenza duratura. È proprio in questo periodo che decide di fare dell’arte stilizzata la sua ragione di vita.
Al termine del liceo, si iscrive all’Ivy School of Professional Art di Pittsburgh e in seguito alla scuola di commercial-art. Presto capisce che quella non è la sua strada e abbandona la scuola. Nel 1976 inizia a girare tutto il Paese in autostop, conoscendo molti artisti. Si reca a San Francisco, dove con la frequentazione della Castro Street inizia a manifestare il proprio orientamento omosessuale. Torna a Pittsburgh e si iscrive all’Università; per mantenersi lavora come cameriere alla mensa di una fabbrica locale. Successivamente trova un impiego presso un locale che espone oggetti d’arte. Qui allestisce la sua prima mostra personale di disegni. Fu anche arrestato parecchie volte per aver “imbrattato” i muri.
Importante per la sua evoluzione futura è una retrospettiva dedicata a Pierre Alechinsky, organizzata nel 1977 dal Museum of Art di Pittsburgh. Nel 1978 espone le sue nuove creazioni al Pittsburgh Centre for the Arts, poi si reca a New York ed entra alla School of Visual Art. Il suo interesse personale lo avvicina ai lavori di Jean Dubuffet, Stuart Davis, Jackson Pollock, Paul Klee e Mark Tobey. È questo il periodo in cui esplode la sua popolarità: inizia a realizzare graffiti soprattutto nelle stazioni della metropolitana e la sua pop-art viene grandemente apprezzata dai giovani, tanto che i suoi lavori verranno spesso rubati dalla loro collocazione originaria e venduti a musei. Per la sua attività (illegale) di “graffitaro” viene più volte arrestato.
Bavaglino stile Keith Haring
Nel 1980 partecipa insieme ad Andy Warhol alla rassegna artistica Terrae Motus in favore dei bambini terremotati dell’Irpinia. Occupa inoltre un palazzo in Times Square realizzando la mostra Times Square Show. Allestisce in seguito molte altre mostre finché la Tony Shafrazi Gallery diventa la sua galleria personale. Nel 1981 partecipa alla prima mostra organizzata alla galleria Nosei, Public Address, insieme alle opere di Jean-Michel Basquiat, Barbara Kruger e Jenny Holzer.
Nel 1983 espone a San Paolo del Brasile, a Londra e a Tokyo. Nel 1984 si reca a Bologna, invitato da Francesca Alinovi, per esporre nella mostra Arte di Frontiera. Nel 1985, a Milano, dipinge una murata nel negozio Fiorucci. Elio Fiorucci, in un’intervista al mensile Stilearte, racconta così quella esperienza: «Invitai Haring a Milano, stregato dalla sua capacità di elevare l’estemporaneità ai gradini più alti dell’arte. Egli diede corpo ad un happening no stop, lavorando per un giorno e una notte. I suoi segni “invasero” ogni cosa, le pareti ma anche i mobili del negozio, che avevamo svuotato quasi completamente. Fu un evento indimenticabile. Io feci portare un tavolone, fiaschi di vino, bicchieri. La gente entrava a vedere Keith dipingere, si fermava a bere e a chiacchierare. Ventiquattr’ore di flusso continuo; e poi i giornali, le televisioni… In seguito, i murales sono stati strappati e venduti all’asta dalla galleria parigina Binoche.»[1]
Nel 1986 apre a New York il suo primo Pop Shop, dove è possibile comprare gadget con le sue opere e vedere gratuitamente l’artista al lavoro. Lo stesso anno dipinge sul muro di Berlino dei bambini che si tengono per mano. In seguito si reca nel ghetto di Harlem dove dipinge su una grande murata sulla East Harlem Drive le parole «Crack is Wack» («il crack è una porcheria»). Collabora spesso con Angel Ortiz. Nel 1987 decora una parte dell’Hospital Necker di Parigi.
Nel 1988 apre un Pop Shop a Tokyo. In quell’occasione l’artista afferma: «Nella mia vita ho fatto un sacco di cose, ho guadagnato un sacco di soldi e mi sono divertito molto. Ma ho anche vissuto a New York negli anni del culmine della promiscuità sessuale. Se non prenderò l’AIDS io, non lo prenderà nessuno.» Nei mesi successivi dichiara, in un’intervista a Rolling Stone di essere stato infettato dall’HIV. Di lì a poco fonda la Keith Haring Foundation, che si propone tutt’oggi di continuare la sua opera di supporto alle organizzazioni a favore dei bambini e della lotta contro l’AIDS. Nel 1989, vicino alla chiesa di Sant’Antonio abate di Pisa, esegue la sua ultima opera pubblica, un grande murale intitolato Tuttomondo e dedicato alla pace universale.[2]
Il 16 febbraio 1990, Haring muore di AIDS all’età di 31 anni.
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“Le opere dell’artista americano si affiancano a quelle di autori di epoche diverse, a cui Haring si è ispirato e che ha reinterpretato con il suo stile unico e inconfondibile, in una sintesi narrativa di archetipi della tradizione classica, di arte tribale ed etnografica, di immaginario gotico o di cartoonism, di linguaggi del suo secolo e di escursioni nel futuro con l’impiego del computer in alcune sue ultime sperimentazioni. Tra queste, s’incontrano quelle realizzate da Jackson Pollock, Jean Dubuffet, Paul Klee per il Novecento, ma anche i calchi della Colonna Traiana, le maschere delle culture del Pacifico, i dipinti del Rinascimento italiano e altre.
Keith Haring è stato uno dei più importanti autori della seconda metà del Novecento; la sua arte è percepita come espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi propri del suo e del nostro tempo: droga, razzismo, Aids, minaccia nucleare, alienazione giovanile, discriminazione delle minoranze, arroganza del potere. Haring ha partecipato di un sentire collettivo diventando l’icona di artista-attivista globale.
Tuttavia, il suo progetto, reso evidente in questa mostra, fu di ricomporre i linguaggi dell’arte in un unico personale, immaginario simbolico, che fosse al tempo stesso universale, per riscoprire l’arte come testimonianza di una verità interiore che pone al suo centro l’uomo e la sua condizione sociale e individuale. È in questo disegno che risiede la vera grandezza di Haring; da qui parte e si sviluppa il suo celebrato impegno di artista-attivista e si afferma la sua forte singolarità rispetto ai suoi contemporanei.” (dal sito di Palazzo Reale Milano)
Keith Haring mostra a Milano a Palazzo Reale dal 21 febbraio al 18 giugno 2017.
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