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PIERRE HADOT

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PIERRE HADOT, 21 febbraio 1922, PESCI ascendente LEONE

Sono sempre stato sorpreso dal fatto che il pensiero della morte aiuta a vivere meglio. Vivere come se si vivesse il proprio ultimo giorno, la propria ultima ora. Un atteggiamento simile esige una conversione completa dell’attenzione.
Non proiettarsi più nel futuro, ma considerare l’azione che si compie in se stessa e per se stessa, non guardare più il mondo semplicemente come lo sfondo della nostra azione, ma guardarlo in se stesso e per se stesso.
Questo atteggiamento ha nello stesso tempo un valore esistenziale e un valore etico. Esso consente anzitutto di prendere coscienza del valore infinito del momento presente, del valore infinito dei momenti di oggi, ma anche del valore infinito dei momenti di domani, che saranno accolti con gratitudine come una fortuna insperata. Esso permette inoltre di prendere coscienza della serietà di ogni momento della vita. Fare ciò che si fa di solito, ma non come al solito, al contrario come se lo si facesse per la prima volta.
La felicità è anzitutto nel momento presente per la semplice ragione che noi viviamo solo il presente.Ogni momento presente ci offre la possibilità della felicità: se ci poniamo nella prospettiva stoica, esso ci offre l’occasione di fare il nostro dovere, di vivere secondo ragione; se ci poniamo nella prospettiva epicurea, esso ci procura a ogni istante il piacere di esistere.

Personalmente, definirei l’esercizio spirituale come una pratica volontaria, personale, destinata a operare una trasformazione dell’individuo, una trasformazione di sé. Un esempio potrebbe essere quello della preparazione alle difficoltà della vita, molto in auge presso gli stoici. Per poter sopportare i colpi della sorte, la malattia, la povertà, l’esilio, bisogna prepararsi con il pensiero alla loro eventualità. Si sopporta meglio ciò che ci si aspetta. Altro esempio: l’espressione di Platone nel Fedone: “Filosofare è esercitarsi a morire”, cioè separarsi dal corpo e dal punto di vista sensibile ed egoista che esso ci impone.
Anche gli epicurei fanno riferimento a esercizi spirituali: l’esame di coscienza, per esempio, o la confessione degli errori, la meditazione, la limitazione dei desideri. Ciò che ho detto in generale nei miei libri sugli esercizi spirituali potrebbe dare l’impressione che gli esercizi spirituali siano qualcosa che si aggiunge alla teoria filosofica, una sorta di pratica che completerebbe il discorso astratto.

In realtà è tutta la filosofia a essere un esercizio, sia il discorso di insegnamento sia quello interiore che orienta la nostra azione. Gli esercizi si realizzano preferibilmente per mezzo e nel discorso interiore. Per esempio, si dice a se stessi una massima come: “Non bisogna volere che ciò che accade non accada, ma bisogna volere che ciò che accade accada come accade”. Sono espressioni interiori che, una volta formulate, cambiano la disposizione dell’individuo. L’esperienza filosofica è una conversione che sconvolge la vita intera, che cambia l’essere di colui che la compie. Lo fa passare dallo stato di una vita inautentica, oscurata dall’incoscienza, rosa dalla cura, dalle preoccupazioni, allo stato di una vita autentica, dove l’uomo raggiunge la coscienza di sé, la visione esatta del mondo, la pace e la libertà interiori.
(Pierre Hadot)

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