MARLON BRANDO
nato il 3 aprile 1924, ARIETE ascendente SAGITTARIO
Sogno sessuale di generazioni di donne di tutto il mondo, Marlon Brando resterà sicuramente nella storia, non solo del cinema, per le sue capacità istrionico-recitative e seduttive. Partì bucando lo schermo grazie alla canottiera, e ai muscoli, esibiti in Un tram che si chiama desiderio. Seppe mantenere tale posizione di primato anche in età matura, con compensi miliardari per le sue apparizioni sempre più diradate. ARIETE ASCENDENTE SAGGITTARIO, questo gli donò una carica di ottimismo ma anche di irrequietudine verso il lontano, che lo spinse a ritirarsi in una isoletta polinesiana a un certo punto della sua gloriosa carriera. Tendenza rafforzata dal bellissimo NETTUNO IN CASA 9, quella appunto legata all’estero e alle mete lontane, oltre che alla vocazione; in questo caso artistica, e vissuta anche come “arte del trasformarsi” (il Dio Nettuno che si trasformava nelle forme più disparate per confondere a ammaliare).
MARTE IN CAPRICORNO OPPOSTO A PLUTONE, entrambi quadrati a SOLE e LUNA saldamente congiunti in ARIETE, costituiscono un segnale di qualche problema legato alla sessualità e alla propria sicurezza in merito: l’autostima circa la propria virilità e il proprio “maschile” è scarso e ha perciò bisogno di rassicurazioni continue, ma i contemporanei, strepitosi aspetti positivi di GIOVE e NETTUNO rispetto al Sole ( un caldo trigono di fuoco, rispettivamente Giove in Saggittario e Nettuno in Leone, Sole in Ariete) hanno permesso a Brando di investire su di sé una tale fiduciosa carica di ottimismo e fantasia da consentirgli di trasfigurare le incertezze di una virilità precaria in un’immagine di virilità assoluta.
GIOVE IN SAGGITTARIO IN PRIMA CASA (DOMICILIO GIà DELL’ASCENDENTE SAGGITTARIO) ha poi fatto il resto donandogli autentica fortuna. Le vicende della sua vita privata – con traversie varie che hanno coinvolto drammaticamente i figli – dimostrano però che dietro la maschera le difficoltà erano tante. Meglio vestire allora gli istrionici panni del grandissimo attore: si potranno occultare penose verità privatissime.
estratto e riveduto da un articolo di Massimo Michelini
Biografia Marlon Brando
Nato da una famiglia povera, ancora ragazzo lascia Omaha e tenta la carta artistica. Fa qualche parte in piccoli teatri e, visto che il talento c’è, a vent’anni è già a Broadway. L’incontro decisivo è con Elia Kazan che dopo avergli soltanto parlato gli affida uno dei ruoli più importanti e difficili di tutto il teatro americano, il semiselvaggio Stanley Kowalski de Il tram che si chiama desiderio, da Tennessee Williams.
E’ talmente dotato che non ha avuto bisogno di alcuna scuola. Tuttavia Kazan lo introduce all’Actor’s Studio, del quale l’attore diventa la bandiera. Hollywood è lo sbocco naturale nel 1950, quando B. è protagonista di Uomini di Zinneman. Da allora, ogni volta, lascia un segno profondo e per quattro anni (e quattro film) consecutivi ottiene la nomination all’Oscar: Un tram che si chiama desiderio (1951), Viva Zapata (1952), Giulio Cesare (1953), Fronte del porto (1954). Con quest’ultimo arriva il primo Oscar.
Nel frattempo l’attore è diventato una leggenda vivente, per immagine e per bravura. Sul set di Giulio Cesare affronta i più grandi attori shakespeariani (fra i quali Gielgud) senza mai aver recitato Shekespeare: dopo il suo monologo davanti al corpo di Cesare tutti quanti, anche i tecnici, esplodono in un applauso. I capelli di Terry Malloy, il protagonista di Fronte del porto, diventano moda. Il “chiodo”, il giubbotto di pelle indossato ne Il selvaggio, diventa moda. Brando è il più grande fenomeno divistico e artistico del cinema.
Ha davvero cambiato il cinema. Sono i suoi anni migliori.
Temperamento assolutamente istintivo, imprevedibile e incontrollabile, comincia a diventare il nemico di se stesso. Annoiato, innamoratosi della partner Tarita, che sposerà, abbandona il set del “Bounty” per un anno, con danni economici catastrofici. Girando Queimada fa impazzire Gillo Pontecorvo, che ripudia il film. Comincia, per denaro, ad accettare parti inadeguate. Declina. Ma Brando è Brando, imprevedibile come sempre. Nel ’72 risorge clamorosamente dalle proprie ceneri. Interpreta Ultimo Tango a Parigi e costringe Bertolucci a ubbidirgli. Si riaffaccia il mito. L’attore divulga la figura del (quasi) cinquantenne in crisi, angosciato e disperato che porta tanti coetanei all’emulazione, persino con qualche caso di suicidio. A Parigi un gruppo di signore fonda un “club Ultimo Tango” dove uno dei riti consiste nel masturbarsi davanti alle immagini del divo.
Nello stesso anno B. si presenta, truccato, non riconosciuto, al provino per la parte del boss Corleone per il Padrino. Lo prendono. Vince con quel ruolo il secondo Oscar, che fa ritirare da un’indiana. E’ dunque resuscitato due volte, insieme al suo mito.
Altra decadenza, altri eccessi, altri errori. Sembra finito. Ma alla fine del decennio rieccolo nel ruolo del famigerato colonnello Curz in Apocalypse Now. Altra resurrezione. Ma è l’ultima.
Il resto sono “cammei” remunerativi, come in Superman. I segnali sono sempre più deboli. E la sua vita privata è una tragedia. Recentemente, nel quadro del suo sodalizio con Johnny Depp lo si è rivisto in Don Juan De Marco.” e ne “Il coraggioso”. Era ridotto a un effetto speciale di 150 chili.
La più grande “presenza” di tutto il cinema ha cercato in tutti i modi di distruggersi. E si è distrutta.