Autobiografia astrologica: Aspetti Luna – Plutone. L’altra faccia della vita
MIA MADRE
La prima volta che sentii la mia incapacità di parlare ero molto piccola. Avvertii dapprima un senso di assoluto desiderio, poi una corrente di emozioni salirmi su per la gola, seguito subito dopo dal baratro.
Volevo raggiungere mia madre, quello era il mio unico desiderio, ma non trovavo il modo nè di dirlo nè di farlo.
La bramavo con tutte le mie forze, la guardavo muoversi nella stanza, movimenti veloci, rapidi, caotici, non mi considerava, non mi vedeva, eppure ero lì. Sembrava affacendata e completamente travolta da banali faccende pratiche della vita, che però parevano essere di portata insostenibile. Io me ne stavo lì sotto, sulla moquette della mia stanza accucciata per terra, silenziosa e quieta, bambina industriosa mi creavo ogni volta un’attività diversa per non disturbarla da queste peso del mondo sulle sue spalle, per non dispiacerle disegnavo, leggevo, immaginavo, pensavo, non fiatavo nemmeno per non disturbarla – non chiedevo mai, mi concentravo sul potere della persuasione silenziosa, o sulla speranza della telepatia, sperando prima o poi che lei abbassasse il suo sguardo su di me e dicesse: “Che brava la mia bambina, che bella la mia bambina, ti voglio tanto tanto bene… sono qui solo per te”, mi abbracciasse e mi tenesse per sempre con lei. Invece non lo faceva, se non a tratti e in maniera improvvisa e disordinata e mai per tutto il tempo che io avrei desiderato.
Non saziava la voragine che avevo nel petto. C’era qualcosa che di me rimaveva e rimase a lungo eternamente incolmato.
Giungeva un attimo da me per poi andare via lontano, sia con il corpo, ma soprattutto con lo sguardo. Aveva infiniti mondi che le scorrevano davanti agli occhi che io non riuscivo a vedere, questo ormai mi risultava chiaro, anche se mi sforzavo con tutte le mie forze di farlo, proprio non mi riusciva di trovarli.
Fu in uno di questi interminabili momenti che imparai a velarmi del suo stesso manto; quel manto che aveva il colore denso del non definito e del non detto e che la copriva tutta intera. Iniziai per emulazione a diventare come lei, se lei era triste lo ero anch’io, così saremmo state uguali e forse si sarebbe accorta di me. Iniziare a copiarla in tutto e per tutto. Se lei non veniva nel mio mondo, sarei stata io a seguirla nel suo, e per trovarne la strada avrei dovuto trasformarmi in lei.
Sorrideva. Un sorriso velato di infinita tristezza. Io ben presto imparai a fare lo stesso sorriso forzato.
Sorrideva spesso quando mi diceva che andava tutto bene ma io sentivo che non andava bene proprio nulla. Io non avevo il dono delle parole e le mie parole, le poche che riuscivo a dire avevano un timbro talmente basso che spesso non riuscivano ad oltrepassare quella cortina invisibile di assoluta tristezza e incombente dramma che io le vedevo addosso.
Vivevo nel terrore. Terrore potesse sparire lì dentro. Nel buco nero dei suoi pensieri.
Terrore che in quel pozzo senza fondo in cui andava senza portarmi con sè, ci sarebbe rimasta per sempre.
Solo tanti anni dopo capii che soffriva di depressione, quella sorda che non si può dire a nessuno, quella che rimane lì ferma come mare secco e aria che non si respira. Solo anni dopo mi accorsi che quell’ombra nera che le leggevo nelle pagliuzze degli occhi verdi, era l’avvisaglia per me del silenzio e del lutto che sarebbe da lì a poco arrivato. Il lutto di un amore che finiva o semplicemente che non riusciva a trovare la forza di restare, quello con mio padre. Il lutto di mia nonna che moriva in quegli anni così densi di avvenimenti.
La separazione da mio padre avvenne in modo irreversibile.
I vari traslochi.
La morte di sua madre dopo mesi e mesi di lunga agonia per un tumore allo stomaco.
Per me non c’era spazio quasi più.
L’unico spazio era quello che cercavo osservandola continuamente. Standole dietro sempre con lo sguardo, per non perderla di vista mai. Perché forse, temevo, sarebbe morta di dolore o di strazio e io non volevo trovarmi impreparata.
Mi sentivo così impotente.
Non potevo niente se non tacere, guardare, osservare parenti che la facevano a pezzi e io che non ero né una guerriera né una paladina né avevo il dono della magia e non potevo farla smettere di piangere la notte. Quando spesso dormivamo nel grande letto matrimoniale, perchè già mio padre non c’era più e io avevo paura ad addormentarmi perchè forse non l’avrei trovata più lì. O quando mi addormentavo poi la sentivo piangere sommessa e dentro mi si spaccava qualcosa che non si è ancora aggiustato del tutto.
Qualcosa che quando vedo ancora i suoi occhi tristi, mi si spezza nel petto come dinamite senza frastuono.
Io non piangevo mai. Non potevo farlo. Dovevo essere forte per lei. Essere la sua fortezza. Dove avrebbe trovato pace e ristoro.
Così tutte le lacrime le conservai in uno scrigno per poi piangerle tutte da grande.
Come un fiume in piena, un dolore che credo sopito ogni volta e poi ancora, quando non lo voglio più, esce arrabbiato e muto. Muto e sordo come allora. Pazzo e senza parole che possano descriverlo. Incontrollabile e totalmente vuoto di senso come era sempre stato.
Iniziai da lì a a cercare una risposta e a cercarla in tutte le persone in cui poi da grande intravidi la stessa ombra negli occhi. Negli uomini di cui mi sono innamorata ho cercato lo stesso dolore, con una frenesia e una forza di cui solo ora posso capirne la portata. Lo stesso sguardo che non mi poteva scorgere. Lo stesso narcisismo autoriferito e rinchiuso in un labirinto senza uscita.
Si dice spesso che chi fa il terapeuta è perché non è riuscito a salvare qualcuno e tutta la vita cerca di riparare all’errore, e credo sia vero. A forza di cercare una risposta, per lungo tempo smarrii anche il senso di me stessa. Smarrii il mio senso d’esistere e iniziai la mia battaglia già persa prima di combattere, contro le ombre. La mia crociata per essere io quell’unica creatura speciale e meravigliosa avrebbe salvato mia madre, e gli amori sofferenti che credevo di amare.
Ho perso questa e tutte le mie crociate nei miei amori e negli sguardi non trovati in cui cercavo in tutti i modi di riflettermi ma alla fine, sono riuscita a ritrovare me stessa, senza essere più il riflesso di qualcun altro. La bambina nascosta in un angolo che non si ascoltava più, ha iniziato finalmente a dare voce ai suoi sogni e desideri in un cammino lungo e impervio verso la luce, fuori dal grembo materno mai avuto del tutto, ma lasciato andare nel passato con un lutto inconsapevole e silenzioso, che è rimasto anche nel mio sguardo triste per infiniti anni, prima di essere visto, estirpato, rielaborato, e infine abbandonato.
Anna Elisa Albanese
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10 risposte
Leggendo questa profonda riflessione sulla figura materna mi sono rispecchiata ho avuto un vissuto molto simile..mi sono emozionata!!!!!.Grazie perché sei molto di aiuto..a persone che come me fanno una fatica tremenda a descrivere i propri sentimenti…ho una luna capricorno trigona a Plutone purtroppo il mio mercurioin 4 casa e quadrato alla luna e ho molte difficoltà a parlarne. Grazie ancora
Leggendo questa profonda riflessione sulla figura materna mi sono rispecchiata ho avuto un vissuto molto simile.. leggendolo mi sono emozionata..Grazie
Grazie, grazie per la tua sincerità e per il coraggio!! L’ho letto tutto in un fiato e mi ha ispirato molto. Ti abbraccio.
stupendo ed estremamente significativo ed espresso talmente bene da far capire dei sentimenti tanto difficili..io penso che per ogni figlia femmina sia difficile comprendere ed accettare la propria madre finche Non si capisce che sono donne anche loro è sono umane, terrene, sbagliano e soffrono proprio come noi figlie. opposizione luna Plutone
La profondità e l’intelligenza con cui scavi nella sofferenza non mi stupisce, avendoti incontrata. Mi stupisce la bella capacità di descrivere un trauma infantile, di solito così difficile anche solo da identificare. Grande donna.
Si…anche io no la posso salvare…ne rendere felice..ora lo so e posso vivere la mia vita.la mia vera vita.. ..ma ogni tanto l’ ombra torna…sto un po’ con lei….e poi però….la saluto. Fino alla prossima visita.
Molto vero. Molto forte. Le costellazioni familiari mi hanno aiutato a smettere di salvare chi non c’è più e ad aiutare chi oggi mi cerca
Bello,,,,e molto risonante,,,ed anche incoraggiante. Quadratura luna Plutone? Mi piacerebbe fare un consulto Anna Elisa
Sono toccata dal tuo coraggio di parlare sinceramente .. Anna Elisa, un abbraccio!
Un caro abbraccio a te Marisa…. grazie. Forse perché amo scrivere e il farlo allevia tante sofferenze da sempre. a prestissimo, Anna Eiisa